antropologia
MAUSS
Marcel Mauss, antropologo francese allievo di Durkheim, sviluppò la teoria del dono e della reciprocità, descritta nel suo celebre “Saggio sul dono” (1923). Secondo Mauss, il dono, apparentemente volontario e gratuito, è in realtà un atto obbligato e interessato, governato da regole sociali che gli individui spesso ignorano.
Egli identificò tre regole alla base del dono: dare, ricevere e ricambiare, che formano il principio della reciprocità. Mauss collegava questo principio alla credenza che gli oggetti scambiati incorporino una "qualità" legata al donatore, capace di "vendicarsi" se il dono non veniva ricambiato. Questa idea era ispirata alla teoria maori dello hau, secondo cui lo spirito del dono crea un obbligo di reciprocità.
L'influenza di Mauss fu vasta, specialmente su Claude Lévi-Strauss, che applicò il principio della reciprocità alla comprensione delle relazioni di parentela e matrimonio. Mauss fu anche promotore di importanti iniziative etnografiche, come la spedizione Dakar-Gibuti (1931-1933) diretta da Marcel Griaule, che studiò i Dogon e il loro sistema mitico
LÈVI-STRAUSS.
Claude Lévi-Strauss è stato uno dei più influenti antropologi del XX secolo, famoso per aver introdotto il metodo strutturalista nell'analisi della cultura. Durante il suo soggiorno negli Stati Uniti negli anni '40, fu profondamente influenzato dalla linguistica strutturale di Roman Jakobson, secondo la quale una lingua è un sistema di segni i cui elementi acquistano significato solo in relazione agli altri. Lévi-Strauss applicò questo principio alla cultura, considerandola anch'essa un sistema di segni che, combinandosi in modo diverso, producono vari significati.
Un esempio classico sono i miti, dove gli stessi personaggi possono cambiare ruolo a seconda del contesto della narrazione, creando combinazioni di significato all'interno di un sistema finito di elementi. Questa intuizione lo portò a sviluppare un'analisi strutturale dei sistemi di parentela. Nel suo libro Le strutture elementari della parentela (1949), in cui dimostrò che le regole del matrimonio e delle relazioni di parentela funzionano come sistemi di scambio reciproco tra gruppi.
Un tema centrale nella sua riflessione è il passaggio dalla natura alla cultura, che Lévi-Strauss individuò nel momento in cui apparvero il linguaggio e la proibizione dell'incesto. Quest'ultima è universale, presente in tutte le società, ma regolata da norme culturali diverse, e rappresenta il punto in cui la natura umana si intreccia con le regole sociali. La proibizione dell'incesto favorisce lo scambio matrimoniale tra gruppi, un meccanismo che, secondo Lévi-Strauss, garantisce la sopravvivenza delle comunità in situazioni di scarsità.
Lévi-Strauss ha anche contribuito alla comprensione delle differenze tra le società. Distinse le società "calde", come quelle occidentali, arabe, indiane e cinesi, che sono caratterizzate da disuguaglianze, conflitti e dinamismo storico, dalle società "fredde", tipicamente quelle "primitive", che tendono a mantenere uno stato stabile e a evitare grandi cambiamenti. Anche se queste società non hanno una storia nel senso occidentale del termine, Lévi-Strauss riconobbe che hanno comunque una loro evoluzione interna, ma seguono logiche diverse, sottraendosi al progresso e alla storia così come li intendiamo noi.
Oltre agli studi sulla parentela, Lévi-Strauss si occupò anche di miti, totemismo e pensiero selvaggio, con un importante contributo alla difesa delle culture amazzoniche, La sua opera ha avuto un impatto rivoluzionario non solo nell'antropologia, ma anche nella filosofia e nelle scienze sociali, ampliando la comprensione delle strutture che regolano il comportamento umano nelle diverse culture.

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